È finito il Sinodo della Chiesa universale ed è cominciato il sinodo della chiesa italiana. Non in molti se ne sono accorti; il nostro è un mondo distratto, nel quale la fede ha sempre meno peso, come dimostra la recente ricerca del Censis, che conferma quello che già sospettavamo da tempo.
Continua la diminuzione della fede cattolica, soprattutto se intesa come evento non solo personale, ma comunitario. Un numero non irrilevante di italiani, vale a dire il 71%, si dichiara cattolico, ma solo il 15,3% si sente praticante. Meno ancora sono i giovani che ritengono abbia un vero valore la frequenza alla liturgia domenicale. C’è chi avanza l’ipotesi che fra non molti decenni i cattolici praticanti si attesteranno tra il 5 e il 6 per cento. E tuttavia potrà rinascere da lì una fede rinnovata con un linguaggio finalmente nuovo e una testimonianza gioiosa e convinta.
Ma deve trascorrere il tempo in cui creare e accogliere il
cambiamento: parole e gesti della liturgia devono cambiare radicalmente, i
laici devono finalmente avere un loro spazio e una loro autonomia. Sarà un
passo avanti per avere una chiesa che “non sia affare soltanto dei preti”.
L’inchiesta sopra citata racconta del bisogno di spiritualità presente in non
pochi giovani. Ne sono convinto anch’io per quella poca esperienza che ho.
Tuttavia questo “bisogno di spiritualità” per il momento va collocato in un
mare di indifferenza e in un dilatarsi del nichilismo, come riflette Enzo
Bianchi. Nessuno può mettere in dubbio il fatto che oggi c’è bisogno di
vita interiore, di una serenità del cuore che faccia sentir bene con sé stessi.
Ma questa non è spiritualità cristiana, è chiaramente una spiritualità “fai da
te”. C’è bisogno di una fe de che si basa solo su Gesù Cristo, che si manifesti
in forme libere, meno dipendenti dalle regole della chiesa.
Sarà importante sburocratizzare il ruolo del prete, che
rischia di essere visto come un funzionario, piuttosto che come colui che
annuncia la Parola in mezzo alla comunità dei cristiani. Talvolta mi pare di
vivere una chiesa guidata dalla paura, incapace di fare anche un piccolo passo
avanti; nei confronti delle donne, ad esempio, aprendo loro almeno la
possibilità dell’ordinazione diaconale, o nei confronti di chi vive situazioni
coniugali e familiari particolari come i divorziati risposati o i conviventi senza
matrimonio… Il popolo di Dio è in gran parte convinto che occorre avere uno
sguardo più attento su questioni di questo genere; è convinto della necessità
di rivedere qualche punto della tradizionale morale cattolica, superata nei
comportamenti e incapace di offrire risposte concrete. Non c’è dubbio che la
mancanza di fede, il secolarismo portino ad allontanarsi da una riflessione
seria sulla Parola di Dio. Affermare che il Vangelo è poco conosciuto non
suscita tra i cattolici né particolari lamenti né significativi entusiasmi. «A
prevalere, direi, è una sorta di tiepidezza, che non genera intraprendenza ma
lascia la situazione così com’è: stagnante. Molti si limitano a lamentarsi
della crisi in atto e coltivano una visione catastrofista circa il futuro del
cristianesimo. Ma la fiamma del cristianesimo continua ad ardere nel mondo! Io
conservo ottimismo, non però un ottimismo giulivo; ci sono decisioni da
prendere e bisogna agire con intelligenza e passione: questa crisi è
un’occasione, non va sprecata» (Brunetto Salvarani). C’è una
distinzione, forse un’opposizione, talvolta piuttosto netta, tra la Chiesa di
vertice e quella di base, tra i vescovi, i preti e chi prete non è.
Il popolo
di Dio è oggi formato da persone adulte in grado di ragionare con la propria
testa, a loro agio nel mondo secolarizzato, dove vivono e lavorano molti
lontani dalla fede. Questi cattolici adulti ignorano molto spesso i documenti
prodotti dalla gerarchia. Succede in tal modo che le riforme che la gerarchia
fa tanta fatica a mettere in campo, vengono di fatto attuate in una forma,
diciamo così, non ufficiale. Penso che il compito della Chiesa sia per ora
soprattutto ascoltare, accogliere il positivo che c’è, attendere con pazienza. È
la grazia di Dio che non abbandona mai il suo cammino. La grazia suscita sempre
qualche novità imprevedibile e guida il “piccolo gregge” di Gesù verso
traguardi inattesi. È probabile che nasca una resistenza nelle donne e negli
uomini a esserci comunque, a non abbandonare la via della fede, “a credere in
un sogno comune, offrendo la propria intelligenza, le proprie narrazioni, le
pratiche e le visioni condivise con altre e altri” (Lorenzo Rosoli). Quello che importa oggi è sentirsi comunità, dove tutti sono
corresponsabili della Parola di Gesù, provano ad approfondirla e metterla in
pratica, coltivano i propri sogni di una comunità giusta e profetica. Per me
vuol dire non porter agire come pastore in una comunità se non mi sento dentro
un orizzonte di corresponsabilità missionaria. Tutti i cristiani cioè sono
chiamati a darsi da fare perché altri scoprano la bellezza e lo splendore di un
Dio che ama gli uomini. Per me è indispensabile collaborare con laiche e laici
anche riguardo agli aspetti celebrativi. Non vedo un’altra strada che possa
condurre a un domani dove s’apre la speranza.
