SUDAFRICA. In giro per il mondo, alla ricerca di Circoli Trentini anche molto lontani dall’Italia, questa volta, invece, abbiamo scoperto un trentino che ha lasciato la sua terra nel lontano 1965 per raggiungere il Sudafrica.
Stiamo parlando di Diego Chistè, originario di Calavino, piccolo paese della val di Cavedine, abbiamo avuto il grande piacere di poterlo intervistare e di ascoltare alcuni momenti salienti della sua vita.
Signor Chistè, ci racconta la sua vita in trentino, da giovanissimo, prima di trasferirsi in Sudafrica?
La mia storia incominciò a Calavino, un piccolo paese nella val di Cavedine. Casa, scuola, chiesa e l'affetto dei genitori Claudio e Alice, in questo era racchiusa la mia vita. In seguito fui mandato in collegio a S. Ilario dove finii le Industriali, a quel punto la possibilità di proseguire negli studi era molto scarsa.
Dovetti trovare un lavoro e fui assunto alla Protesi a Trento. Frequentai i corsi serali all'Istituto tecnico per ben cinque anni. Divenni operaio specializzato e incominciai a viaggiare. Visitai la Danimarca e la Svezia.
Al mio ritorno la voglia di viaggiare, conoscere, era tanta e a quel punto a ventitré anni decisi di emigrare in Sudafrica.
Com’era la situazione in Sudafrica in quegli anni?
Arrivai a Johannesburg nel Novembre 1965, inizio estate, un caldo afoso e in piena segregazione razziale.
Era il Paese dei cartelli. Solo per Bianchi, solo per Neri inclusi mulatti e Indiani. Parchi, autobus, servizi pubblici, bar, hotel ecc. Il maggior fanatico dell’apartheid fu il ministro Verwoerd, che fu pugnalato in Parlamento nel ‘66. Il Sudafrica da Unione divenne poi una Repubblica.
Uscire con qualche amico mulatto o nero o adocchiare qualche bella ragazza di colore era tabù pena la galera, questo durò fino al 1990. La svolta arrivò con il Presidente De Klerk e con Mandela libero, e poi le elezioni democratiche del 1994 lo videro eletto a presidente, dopo aver patito ben 27 anni di carcere.
Non fu certo facile, infatti questo fu il risultato di tante sommosse e ribellioni, con veri massacri in tutto il Paese. Pericoloso spostarsi, compreso andare al lavoro.
Per lavoro, appunto, ma anche per una migliore qualità di vita, le è capitato di trasferirsi da una città a un’altra, può raccontarci di più?
Esatto, infatti in un primo periodo scelsi Pretoria per lavoro, meno casino e adornata da ben 70.000 alberi di Jacaranda che in piena fioritura creano una nuvola blu.
Dopo un anno optai per Cape Town, clima mediterraneo, cosmopolita, la città che potrei definire più “amica”, una vita quasi all’europea, ogni nazione era rappresentata, e molto vicina ai miei gusti.
Lavorai per riparazioni navi di ogni genere come capo uomini (foreman).
Una ditta americana, in seguito, mi offrì la vendita dei Kirby, un’aspirapolvere tuttofare, e con mia moglie Sophia, lavorando sodo, superammo tanti primati.
Fui attivo al Club Italiano nel Comitato, settore culturale per qualche anno. Purtroppo mi fu difficile creare un Circolo per i pochi Trentini conosciuti, qualcuno vive lontano.
Tanti sono gli hobby che la tengono occupata, anche attualmente, ce ne può parlare?
Collezione di pietre semipreziose o semplicemente interessanti. Mi diletto a pitturare ritratti e paesaggi. Lo sport subacqueo il mio preferito scandagliando i fondali.
Il Sudafrica è un caleidoscopio di panorami perdifiato, mi sono spesso dilettato anche nella fotografia.
Ero molto attivo in tante cose, purtroppo l'età e la salute mi hanno limitato un po’.
Sono molto distante, ma il mio caro Trentino lo porto sempre nel cuore!
