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Vince l’io, è sconfitto il noi

dom 02 ott 2022 10:10 • By: Renato Pellegrini

La politica dell’individualismo a discapito del bene comune

VALLI DEL NOCE. È ormai chiaro che il rapporto tra elettori e politica non riguarda più il bene comune, vale a dire il bene di tutti, ma i bisogni immediati. Non riguarda più il futuro e la sua costruzione, ma il presente di cui si può usufruire subito.

In queste elezioni abbiamo assistito ancora una volta a un altro ribaltamento dei consensi e a una astensione record. Spiega Nando Pagnoncelli, ricercatore sociale e presidente di Ipsos, riprendendo anche i messaggi del Papa, che il rapporto degli italiani con la politica ha a che fare con lo scisma tra “io” e “noi”, con la crescente sproporzione, largamente diffusa, tra diritti e doveri. Quello che vale davvero è il bisogno personale e alla politica si chiede quindi di rispondere a quel bisogno. Fatalmente non è possibile soddisfare simili aspettative e la politica non può fare altro che generare scontenti. Se mi rifugio in una dimensione individuale, mi ritroverò perennemente insoddisfatto. Ancora una volta ciò che riguarda tutti è fuori gioco. Non crediamo più in qualcosa né in qualcuno che trascenda l’immediato bisogno personale e alla politica chiediamo di rispondere a quel bisogno. 

«Quest’atteggiamento, che non riguarda solo i cittadini ma anche le realtà associative, come i corpi intermedi che spesso hanno ormai un rapporto strumentale con la politica, dipende da una asimmetria tra la dimensione individuale e quella collettiva che falsa la valutazione della politica: se ci interessasse il bene comune, i nostri parametri valutativi non sarebbero curvati sul bilancio tra ciò che mi aspettavo dalla politica e quello che è migliorato nella mia vita».

Elektrodemo

(N. Pagnoncelli) È interessante a questo proposito leggere i risultati di una ricerca fatta per il Festival dell’economia di Torino, e scoprire che la stragrande maggioranza dei cittadini si sente titolare di un merito non riconosciuto. Il 79% degli intervistati si riteneva più bravo, o molto più bravo degli altri, sia che fossero lavoratori, pensionati, casalinghe, studenti o disoccupati. Una volta si diceva che per superare il tempo di individualismo serviva una guerra. Ora possiamo dire che la guerra (al Covid) l’abbiamo fatta. Ma dopo una prima reazione positiva di moltissimi Italiani, convinti che soltanto uniti si sarebbe usciti dall’emergenza, pronti a dare fiducia alle istituzioni, crebbero le disuguaglianze sociali, consegnandoci un Paese fortemente in difficoltà e ancora incapace di rimettere al centro dell’attenzione il bene comune. È poi successo che quegli stessi italiani che applaudivano Draghi hanno votato quei partiti che lo hanno mandato a casa. Il premier, dalle dimissioni in poi, ha aumentato il proprio gradimento di ben otto punti, ma al contempo ha vinto chi era all’opposizione, e il M5s, responsabile (insieme con altri) della fine del governo, ha avuto un ottimo risultato. Quello che stupisce è anche il fatto che fra gli elettori di FdI il gradimento di Draghi è decisamente alto. Queste contraddizioni così evidenti si possono spiegare, come hanno messo in evidenza alcuni commentatori politici, perché siamo un Paese che attraversa fasi di innamoramento e disaffezione. L’innamoramento passa veloce e l’amore non può essere predatorio.

In realtà, neanche l’interesse ci tiene uniti: non si pensava forse che il Pnrr avrebbe portato anche una stabilità politica? Il Pnrr dovrebbe farci guardare agli interessi generali del Paese e al futuro, ma l’elettorato – e la politica di conseguenza – da tempo è vittima di una sorta di presentismo, non ha il coraggio di guardare al futuro sentendosi responsabile della sua costruzione. Siamo l’unico Paese occidentale in cui le maggioranze escono sempre sconfitte dalle elezioni successive. Niente riesce a creare una certa stabilità politica, perché niente fa guardare al futuro e niente rende responsabili della sua costruzione. In passato era diverso. Se pensiamo al dopoguerra possiamo renderci conto di come i vari partiti, pur con idee molto diverse, hanno dato luogo a un vero e proprio patto sociale, caratterizzato dalla costante ricerca di compromessi alti, guidato dall’obiettivo di garantire una crescita sociale ed economica all’Italia. Partiti come Dc, Psi, Pci fecero parte di uno stesso governo, elaborarono la nostra Carta Costituzionale, collaborarono al piano Marshall, posero le basi per il boom economico. Ora prevalgono le convenienze personali, spesso ammantate di valori. Anche il voto dei cattolici praticanti va di pari passo con l’orientamento politico della maggioranza degli italiani: la fede come la politica è un frammento di identità che non comunica con gli altri. Come diceva Bodei ognuno ha una identità multipla e malleabile, manca una visione unica e coerente di se stessi.

 



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