I cittadini che in numero molto elevato hanno invaso le piazze, manifestando il loro disagio per un genocidio che era sotto gli occhi di tutti, da certa parte politica vengono visti come pericolosi personaggi di sinistra, da altri come amici di Hamas e finalmente come terroristi o comunque amici di quella brutta gente. La Flottiglia è stata etichettata come inutile, poiché non avrebbe portato nessun aiuto alimentare a Gaza.
Ci si è sempre dimenticati di mettere in evidenza che, in ogni modo, ha suscitato interesse, entusiasmo o anche sgomento, mettendo in primo piano una situazione divenuta intollerabile.
E soltanto pochi, in malafede, contro ogni senso di giustizia hanno osannato al 7 ottobre, a un atto terroristico bestiale, di una disumanità che ricorda tremendi drammi passati.
Ogni atto che smuove le coscienze, che suscita la riflessione, che aiuta ad indignarsi di fronte all’ ingiustizia è meritorio. Ce lo hanno detto da tempo che il sonno della ragione, del pensiero, della capacità critica genera mostri.
Se al tempo del nazismo le orribili immagini dello sterminio degli ebrei arrivarono agli occhi del mondo solo quando sono stati liberati i campi di sterminio, oggi non è più così. Le immagini disgustose di Gaza o dei bombardamenti in Ucraina possono essere viste in tempo reale da milioni di persone.
Ma a tutto ci si abitua. Anche all’orrore. Può darsi sia un moto di autodifesa della mente, un modo per proteggere l’equilibrio psicologico. Come conseguenza è possibile arrivare a smettere di provare compassione mentre nel mondo continuano scene di devastazione con poche persone in grado di obiettare e di ribellarsi. Nasce presto un senso di impotenza quando si vede che ogni sforzo personale è inutile, ogni tentativo di cambiare gli eventi vano.
Molte volte si sente dire: non ci posso fare niente, ormai il mondo va così. Personalmente sono convinto che «il dolore nascosto deve trovare espressione per poter farci riscoprire la nostra umanità ferita, e trasformarsi in strumento di resilienza e crescita.
È essenziale una consapevolezza collettiva… per non ridurre la violenza a un fatto ordinario e lontano» (Rossella De Leonibus, La Rocca 3 ottobre 2025).
Sono convinto che le masse che hanno riempito le piazze, che le flottiglie che coraggiosamente si sono mosse per portare aiuto alla Palestina aiutano tutti a vincere l’insensibilità. Non basta certo questo: occorre educare al rispetto del dolore altrui a partire dai bambini.
È importante conoscere e «raccontare storie umane, coinvolgenti e autentiche di vittime, sopravvissuti e attivisti, mettendo in luce le emozioni, i vissuti e i cambiamenti personali, anziché limitarsi a dettagli cruenti o fredde statistiche» (De Leonibus, cit.).
Impegnarsi così è probabilmente cominciare a vincere violenze e orrore, è ritrovare l’umanità perduta.

